Autunno: tempo di Oktoberfest!

Proprio in questi giorni a Monaco di Baviera si è conclusa una festa tradizionale conosciuta in tutto il mondo: l’Oktoberfest!

Forse non lo sapevate ma, contrariamente a quanto può far pensare il suo nome, “la festa di Ottobre” inizia a settembre per finire il primo weekend di ottobre.
È una tradizione che inizialmente non aveva nulla a che fare con la birra, ma era nata nel 1810 per festeggiare le nozze tra il principe Ludwig e la principessa Teresa di Sassonia (non a caso l’area dove si svolge la festa si chiama tutt’oggi Theresienwiese).

Negli anni successivi si continuò a celebrare l’anniversario delle nozze, ma solo dopo alcuni decenni i maggiori produttori locali decisero di montare i propri tendoni nel grande prato (Wiese) riservato per l’occasione, servendo la cosiddetta märzen: una birra che, come dice il nome, viene prodotta nel mese di marzo,  più forte e ambrata delle classiche lager per essere in grado di resistere ai mesi estivi.
Da allora il protagonista indiscusso dell’Oktoberfest è il Maß, il classico boccale di birra da un litro. Qui si ordina un litro alla volta e le famose cameriere vestite in abiti tipici bavaresi sono in grado di portare anche dieci boccali insieme (anche se non sono sempre così giovani e avvenenti come vi vogliono far pensare!).

Noi, che oltre ad amare il vagabondaggio in auto per l’Europa, amiamo molto questi eventi tradizionali e festaioli (non è necessariamente un discorso legato alla birra), quest’anno ci siamo andati per il weekend di apertura tornandoci per la nostra terza volta. La prima volta è stata nel 2011, anno in cui ho comprato il mio amato cappello che indosso ad ogni edizione perché, diciamoci la verità, dopo il primo litro di birra non nota più nessuno la scritta “Oktoberfest 2011”,  anzi la gente continua comunque a fermarmi per chiedermi dove l’ho comprato.

Allora eravamo un gruppo di sei amici che volevano andare in Germania con l’idea di dormire su un furgone, ma che, dopo un misunderstanding con l’agenzia di noleggio, furono costretti a partire con due macchine e dormire in un parcheggio a pagamento.
Nel 2017 con gli stessi amici riuscimmo ad organizzarci un po’ meglio noleggiando un camper, ma scoprii molto presto di soffrire terribilmente il viaggio su questo mezzo, che si rivelò un vero e proprio incubo (oltre al fatto che tra noleggio e carburante i costi non furono poi così convenienti).

L’Oktoberfest 2018 invece è stata una vera sorpresa!
Innanzitutto non eravamo organizzati, mi era balenata l’idea all’inizio di settembre, ma poi l’avevo abbandonata perché avevo paura fosse troppo tardi per proporlo.
Poi la settimana prima ecco arrivare la proposta di alcuni amici, tempo di organizzarsi, tempo di capire chi sarebbe venuto, chi non sarebbe più venuto e da sette siamo rimasti in tre (e adesso che mi avete illuso, mi ci portate!).
Il sabato mattina all’alba siamo partiti da casa, abbiamo prenotato un piazzola in uno dei numerosi camping/area camper che aprono appositamente in questo periodo offrendo la soluzione più economica per visitare Monaco durante l’Oktoberfest, abbiamo buttato tenda e sacchi a pelo in macchina e abbiamo speso poco più di 15€ a testa per la notte.
Non siamo purtroppo riusciti ad arrivare in tempo per la tradizionale apertura, quando il sindaco alle ore 12 in punto “stappa” il primo barile dando inizio ufficialmente alla festa, ma in ogni caso non credo saremmo riusciti a vederlo data la ressa di gente presente il primo giorno.

Alla mia terza volta qui non ho ancora imparato nulla: non esiste speranza nei weekend di riuscire ad entrare negli stand!
Siamo riusciti solo una volta, entrando la mattina presto, ma comunque non è stato possibile sedersi in quanto i posti erano stati tutti precedentemente prenotati: così anche quest’anno abbiamo fatto due inutili ore di fila nella speranza di un posticino (senza successo ovviamente), guardando entrare solo gente che si faceva largo tra la folla tenendo ben in vista il braccialetto rosso legato al polso che indicava l’ingresso riservato.

Il consiglio quindi lo scrivo qui, così magari la prossima volta, rileggendolo, me ne ricorderò: bisogna dirigersi immediatamente ai tavoli all’aperto dei singoli birrifici, trovare un posticino a sedere, fare amicizia e ordinare da bere.
Sì perché, nonostante sia un luogo di “perdizione”, dove il 101% delle persone presenti ha ben più di un litro di birra in corpo, la sicurezza è la tipica degli standard tedeschi: controlli all’ingresso dell’area, controlli all’ingresso di ogni singolo birrificio, la birra non viene servita se non si è seduti ad un tavolo e non si può circolare all’esterno con i boccali in mano (anche perché una volta finito il contenuto devono essere restituiti ).

E così bisogna farsi un po’ di coraggio, lasciare da parte inutili timidezze, avvicinarsi ad un tavolo e chiedere se si possono stringere un po’.
Ovviamente essendo solo in tre questa operazione è risultata molto semplice, ma con un gruppo numeroso le cose si complicano e potrebbe essere necessario aspettare parecchio.
Il vantaggio di essere in pochi comunque non è solo questo, il gruppo numeroso spesso tende a “fare gruppo” perdendo grandi occasioni per interagire con altre persone.

All’inizio di questo post ho scritto che il nostro entusiasmo per questa festa non è necessariamente legato alla birra, ed è vero! La cosa migliore dell’Oktoberfest è fare amicizia, conoscere persone di diverse culture (è frequentato da gente proveniente da tutto il mondo), è provare ad esprimersi lasciando da parte la timidezza (in questo l’effetto della birra da il suo prezioso contributo).
È bello sapere cosa conoscono di noi dall’altra parte del mondo e cosa ne pensano: una ragazza di Tokio ci ha raccontato di essere rimasta affascinata dalla sua prima volta in Italia, una brasiliana ha accusato la nostra cucina di essere la causa del suo sovrappeso, abbiamo implorato dei tedeschi di mettere gli spaghetti nella pentola solo dopo aver portato l’acqua ad ebollizione (vi prego!)…una ragazza australiana mi ha dato il suo contatto dicendomi di chiamarla se volessi organizzare un viaggio da quelle parti…abbiamo cantato, ballato in piedi sulle panche con gente appena conosciuta..un giovane tedesco ha dedicato al cugino di Claudio una splendida esibizione di Ti Amo di Umberto Tozzi…e poi gli italiani: quando ci incontriamo all’estero sembra sempre di incontrare vecchi amici che non si vedono da una vita!

Tutto questo è l’Oktoberfest: gente di culture e lingue diverse che condivide dei momenti di allegria per fuggire un po’ da quello stress quotidiano che ci accomuna tutti quanti.
E quando a mezzanotte la festa finisce, torni in campeggio nella tua tenda, ti sistemi in un caldo sacco a pelo e inizia a piovere…e sai che non riuscirai a rimandare il bagno per molto…allora  lì (e solo lì) rimpiangi di avere bevuto quella birra in più!

Salento…una terra da vivere

Vi ho già detto che nelle vene della mia dolce metà scorre sangue salentino, quindi non sarà difficile comprendere il legame che lo tiene ancorato a questa terra, come una corda elastica che, quando viene tirata troppo, lo strattona indietro e, quando passa troppo tempo lontano, quindi almeno una volta all`anno, ha proprio bisogno di respirare la sua aria.

È così un po’ anche per me, dopo tanti anni insieme, ormai anche il dialetto, che sento parlare quotidianamente da tutta la famiglia, mi suona famigliare.
E poi il Salento, a prescindere dal fatto che tu abbia parenti o amici, è una terra che ti rimane nel cuore: è “lu sule, lu mare, lu ientu” (il sole, il mare, il vento), è il calore delle persone, i profumi della cucina locale, delle puccie appena sfornate…

…è un luogo profondamente ancorato alle tradizioni, alle luminarie delle feste, alle processioni, alla pizzica, alle leggende, ai proverbi, alle storie raccontate dagli anziani seduti su una sedia davanti al portone di casa in un pomeriggio d`estate o davanti ad un camino acceso d`inverno.

Il Salento è mangiare un fico caldo appena raccolto dall`albero, è mordicchiare un gambo di finocchio selvatico mentre passeggi per raggiungere il tuo scoglio preferito prima di tuffarti nelle acque cristalline del suo mare, è raccogliere la rucola selvatica, quella vera, quella piccante…e ancora i peperoncini, i pomodori,la salsa fatta in casa e le conserve.

Il Salento non è solo una terra da visitare, è una terra da vivere: non puoi dire di averla vissuta se non ti sei seduto in piazza a mangiare un pasticciotto a colazione, se non hai mangiato una frisella con i pomodori freschi, se non hai comprato un po’ di scapece ad una delle tante feste, mangiato le pittule, un panino coi pezzetti, se non hai aspettato la sera tardi fuori da un forno in attesa che sfornasse i cornetti caldi crema e cioccolato, se non ti sei mai seduto a guardare una massaia preparare le sagne o la massa di San Giuseppe…

Vivere questa terra significa anche addentrarsi nel suo territorio, percorrere le lunghe litoranee ammirando panorami meravigliosi, meglio se con una moto per assaporare i profumi nell`aria, vedere la prima alba al faro della Palascia, punto più a est d’Italia, o il tramonto sulla costa ionica…passeggiare tra i vicoli stretti dei paesi, sui ciottoli scivolosi e lasciarsi avvolgere dal calore di questa terra.

Ogni città, ogni paese, ha le sue tradizioni, la sua sfumatura di dialetto, i suoi santi…sono luoghi dove si conoscono tutti, dove è sempre un`emozione se in chiesa c’è una sposa, non importa chi sia, dove non si ha timore di perdere tempo a scambiare due chiacchiere con il nuovo vicino, anche se è solo un turista che ha affittato un appartamento per pochi giorni, dove se hai bisogno di aiuto troverai sempre qualcuno disposto a darti una mano.  Per qualcuno sembrerà strano, ma per chi trascorre le sue giornate nei dintorni delle grandi città, tutto ciò non è poi così scontato, anzi…ma questa terra non fa distinzioni, se le aprirete anche solo uno spiraglio entrerà nel vostro cuore e vi avvolgerà con tutto il suo calore, quindi lasciatevi andare e lasciatevi trasportare…

Ripercorrendo la storia

Dopo la Grande Guerra, a partire dagli anni ’20, la Francia decise di creare un sistema di opere militari a difesa dei suoi confini: la linea Maginot.

L’Alsazia, da poco annessa al territorio francese, fu uno dei territori interessati in quanto priva di ostacoli naturali che impedissero un’avanzata tedesca.
Oggi tutto ciò che rimane è in parte zona militare, in parte adibita a museo e in parte abbandonata.
Quest’ ultima si può visitare liberamente se si ha voglia di cercare e di camminare un po’ tra i campi o le piccole radure; come durante il secolo scorso, infatti, sono ancora ben nascoste.

Noi ne abbiamo trovate due, la prima ben visibile da una strada tra le campagne, e la seconda, soltanto salendo sulla postazione di fuoco della prima.
Siamo riusciti ad entrare solo in una delle due, in quanto tutti gli ingressi dell’altra erano chiusi con delle cancellate.

Negli anni le costruzioni abbandonate sono state svuotate e saccheggiate completamente, in alcuni casi sono state utilizzate come depositi dai contadini della zona e i writers si sono sbizzarriti a decorarne gli interni.
Facendo attenzione a non ferirsi con le lamiere, che credo fossero state messe inizialmente per impedire l’ingresso, se ne può ancora ammirare la struttura, la composizione dei locali e, dall’esterno, salendo sulla collina che lo ricopre, guardare da vicino quella che fu la postazione di fuoco.

Dall’alto, infatti, è l’unica cosa visibile, in quanto tutta la struttura si trova completamente ricoperta da una verde e rigogliosa vegetazione, che rende stranamente pacifiche quelle che un tempo furono postazioni di guerra.

La regina dell’Alsazia

Pensando all’Alsazia la prima immagine che viene in mente è quella della cicogna, simbolo indiscusso di questa regione.

In ogni negozio di souvernirs troverete cartoline con cicogne, calamite con cicogne, pupazzi e pupazzetti a forma di cicogna…ma, devo dire la verità, avevo in ogni caso sottovalutato la cosa.
Me ne sono resa conto non appena scesa dall’ auto a Kaysersberg, il primo paese in cui ci siamo fermati lungo la Route des Vins d’Alsace, quando una grande ombra è passata proprio sopra di noi.
Non avevo mai visto prima questo animale meraviglioso e personalmente non immaginavo nemmeno potesse raggiungere quelle dimensioni (quasi due metri di apertura alare!).

Per tutta la durata del nostro soggiorno siamo stati accompagnati dalla presenza costante di questi uccelli: è facile vederli volare sopra le case e ammirare gli enormi nidi, dove le coppie accudiscono i loro piccoli.
Le abbiamo viste in volo sui piccoli borghi e a passeggio nei campi coltivati, ma sono presenti anche in grandi città come Strasburgo.
Al Parc de l’Orangerie, infatti, si possono ammirare decine di nidi adagiati sui grossi rami degli alberi e sui tetti delle piccole costruzioni ed è una sensazione bellissima sedersi ad ascoltare le loro intense “conversazioni”.

Qui, nel piccolo zoo del parco, c’è una gabbia con alcune cicogne; ci siamo fermati a leggere quanto descritto sul cartello informativo, in quanto sembrava un po’ strano vedere cicogne libere a fianco di altre chiuse in gabbia, e pare che sia un centro di reinserimento che, insieme a quello di Hunawihr ha contribuito, e contribuisce ancora, a mantenere numerosa la popolazione di questi eleganti animali.
Sempre associate al buon auspicio e considerate portatrici di nuova vita, spero che continuino a rimanere in questi splendidi luoghi di cui sono le regine indiscusse.

Strasbourg by night

Una passeggiata dopo il tramonto per le vie della Grande Île vale da sola il viaggio fino a Strasburgo.
Quando la città si illumina delle luci della sera assume un aspetto magico e ciò che di giorno non sembrava quasi degno di nota improvvisamente diventa un soggetto perfetto per una bellissima foto.

Fortunatamente l’ottima posizione dell’appartamento che abbiamo affittato e le piacevoli temperature primaverili ci hanno permesso di fare delle rilassanti camminate senza dover utilizzare la macchina.
Il consiglio è quello di girare senza meta alla scoperta di ogni angolo nascosto, fermarsi a mangiare qualcosa di tipico seduti ad uno dei numerosi tavolini all’aperto e guardare la gente.
Mi piace molto guardare le persone quando sono in giro e cercare di capire già da lontano da dove provengano.

Siamo tutti molto riconoscibili dai tratti somatici al modo di vestire, di muoversi, di gesticolare…ma soprattutto si riconosce il viaggiatore: è colui che si avvicina a te, senza problemi, anche se parla solo turco o cinese, anche se normalmente non vi capireste mai, e che a gesti ti chiede “tu che sei italiano (perché si vede, sempre e da lontano), come hai fatto a noleggiare la bicicletta?”, è quello con la fotocamera a cui ti avvicini come se lo conoscessi da sempre dicendo “ehi bella inquadratura, posso mettermi qui con te?” mentre ti piazzi con il tuo cavalletto per una buona mezz’ora a fotografare con lui le splendide luci colorate dei Ponts Couverts e del Barrage Vauban riflesse sull’acqua, in assoluto la zona più spettacolare alle luci della sera.

Bellissima è anche la sensazione che si prova passeggiando per i vicoli ed i ponti che attraversano i canali della vicina Petite France che, la sera tardi, si libera finalmente dai turisti che l’hanno affollata per tutto il giorno, diventando silenziosa e pacifica, e nella tiepida brezza che la attraversa si possono sentire tutti i profumi della primavera.

La piazza della cattedrale, poi, che per me è stata qualcosa di ipnotico, forse la sera diventa ancora più bella…tanto bella da non voler rientrare per andare a dormire, finché qualcuno non mi ha fatto carinamente notare che era ora di andare e che l’indomani avremmo dovuto alzarci presto e fare altri chilometri alla scoperta di questa fiabesca regione.

Strasburgo, una città a misura di bicicletta

Scelta come base per la nostra visita alsaziana, la “capitale” della regione si è per noi rivelata una vera sorpresa e, avendo a disposizione la più fitta rete di piste ciclabili di Francia, non potevamo che visitarla in bicicletta!
Noleggiarne una è stato semplicissimo: è bastato scaricare l’app di Velhop, la società che gestisce il più grande servizio di noleggio di tutta la città, per vedere la disponibilità nei vari depositi e farci guidare sulla mappa a quello più vicino.
Abbiamo preferito evitare i noleggi automatici e rivolgerci direttamente ad uno degli store con servizio al pubblico, dove un addetto ci ha mostrato i vari modelli a disposizione, da quello per bambini a quello elettrico e persino il tandem, tutti completamente accessoriati con numero di riconoscimento ( ce ne sono migliaia uguali in tutta la città), campanello, cestino e lucchetto.
Abbiamo optato per due classiche biciclette verdi, al prezzo di sei euro al giorno dietro deposito di una cauzione, e siamo partiti…

La visita della città su due ruote è stata veramente molto piacevole: è permesso il transito ovunque, facendo comunque attenzione nei quartieri più affollati come quello della Petite France, dove abbiamo preferito spingerle a mano, onde evitare di travolgere qualche turista che, come noi, rapito dagli incantevoli vicoli, cercasse distrattamente di cogliere qualche fugace e suggestivo scatto.

Chi, come noi, ha intenzione di raggiungere Strasburgo in auto deve considerare che gran parte dei parcheggi sono a pagamento e con tariffe esorbitanti: 35€ per una sosta di quattro ore, escluse notti, domeniche e festivi. Conviene quindi organizzarsi per tempo magari cercando un alloggio che abbia disponibilità di un parcheggio privato.

Il cuore di Strasburgo, la Grande Île, si sviluppa intorno alla splendida cattedrale gotica di Notre-Dame de Strasbourg a cui è difficile togliere gli occhi di dosso: la facciata in arenaria rossa si staglia sui quartieri circostanti in tutta la sua imponenza, raggiungendo i 142 metri di altezza, con la sua unica torre campanaria che la rende piacevolmente asimmetrica.

Sfortunatamente, non siamo riusciti nemmeno a varcarne la soglia e nemmeno a visitare il famoso orologio astronomico o salire sulla balconata panoramica. Siamo tornati più volte ma la sfortuna si è accanita contro di noi (prima la Funzione, poi la coda chilometrica ed infine la chiusura straordinaria per il I maggio), ma possiamo ritenerci soddisfatti per averla ammirata alla luce delle diverse ore della giornata.

Distolta l’attenzione dalla cattedrale, ci siamo inoltrati in quello che è forse il quartiere più famoso della città, la Petite France, caratterizzato dalle tipiche case a graticcio che si affacciano lungo i canali formati dal fiume Ill.                        Il quartiere si riconosce da lontano per il grande affollamento di gente che rende impossibile attraversarlo in sella ad una bicicletta.
All’estremità della Petite France abbiamo raggiunto quella che ho ribattezzato “una cartolina da Strasburgo”: i Ponts Couverts. Si tratta di una serie di ponti sormontati da quattro bastioni che si riflettono sull’acqua creando un effetto speculare molto suggestivo che si può  ammirare al meglio salendo sul vicino Barrage Vauban, anch’esso molto caratteristico soprattutto alle luci della sera.

Approfittando della bella giornata e delle nostre comode biciclette abbiamo poi raggiunto il Parc de l’Orangerie per un pic-nic all’aperto e per ammirare le numerose coppie di cicogne che qui vi nidificano.

All’ interno del parco è presente anche un piccolo zoo gratuito, fonte di svago per i numerosi bambini che affollano questa zona verde della città, ma che non può non lasciarvi con un pizzico di amarezza, soprattutto per chi, come noi, preferisce ammirare gli animali liberi nel loro habitat naturale.

Non lontano dal parco si trova il moderno ed architettonico quartiere dedicato alle Istituzioni Europee, nonchè sede del Parlamento Europeo, che potrete ammirare in tutta la sua bellezza dalle numerose piste ciclabili che si snodano costeggiando il fiume o, da una ben più suggestiva, gita in battello.

Alsazia…tra vigneti, cicogne e casette colorate

L’ Alsazia, quella piccola regione conosciuta sui libri di storia, insieme alla vicina Lorena, a lungo contesa tra Francia e Germania, ad oggi, più che francese, può essere semplicemente definita Europea.
Una regione talmente piccola da non meritare nemmeno una guida turistica dedicata, ma solo qualche pagina sulle guide generiche sulla Francia; ho cercato in tutte le librerie di Milano e online per scoprire che forse ne esiste una in francese ma, in italiano, ci dobbiamo accontentare di mettere insieme qualche informazione trovata qua e là.

Brevemente l`Alsazia si può riassumere in tre parole: vigneti, cicogne e casette a graticcio.
L`abbiamo girata piuttosto bene, percorrendo quasi 1500 km in quattro giorni in auto, una buona dose di km in bicicletta e altrettanti sulle nostre gambe.
Partiti da casa, avendo preventivamente acquistato il bollino per le autostrade svizzere, ci siamo lasciati guidare dal navigatore fino a Basilea.
La traversata della Svizzera ha richiesto poco più di 3 ore e il paesaggio che si attraversa vale davvero il viaggio: l’autostrada si snoda in mezzo ad alte montagne dove, ad ogni angolo si ammirano bellissime cascate, lunghe gallerie, come quella del San Gottardo, talmente lunga (circa 17km) da avere al suo interno quasi 14 gradi di differenza rispetto all’esterno (entrati a 14°, la temperatura ha toccato oltre 27°!), abbiamo poi costeggiato per un tratto il lago dei quattro cantoni con il suo suggestivo paesaggio riflesso sull’acqua per poi attraversare il Reno sul ponte dei tre paesi, posto sul confine tra Svizzera, Francia e Germania.

Da questo punto in poi abbiamo abbandonato le autostrade per perderci tra distese di campi di colza in fiore, di un giallo abbagliante, e raggiungere la Route des vins d’Alsace, dove il paesaggio viene sostituito da distese di vigneti a perdita d’occhio intervallati da piccole cittadine dall’aspetto fiabesco, con le tipiche casette a graticcio di ogni sfumatura di colore o, come ho definito durante il viaggio, di un bel punto di blu, di rosa, di verde…solo per giustificare l’ennesimo scatto.

Abbiamo percorso la Via dei Vini quasi nella sua interezza, attraversando i paesi più conosciuti, come la famosa Colmar, Kaysersberg con il suo castello, la turistica Riquewhir, Ribeauvillè, Obernai e altri meno caratteristici ma pur sempre meritevoli di una sosta, come Bergheim, Selestat, Dambach la ville, Mittelbergheim, passando per il castello di Haut Koeningsburg da cui si gode di una splendida vista sui vigneti circostanti, per poi concludere facendoci stupire dall’ incantevole Strasburgo: una città a misura di bicicletta con la più grande rete di piste ciclabili di Francia, i suoi canali, i parchi, il Parlamento Europeo, l’imponente cattedrale e il riflesso delle luci sull’acqua da ammirare passeggiando nel quartiere della Petite France in una piacevole serata primaverile.

Ci siamo inoltrati anche nei campi, a piedi, alla scoperta dei resti dei bunker della linea Maginot, siamo stati ad un mercatino delle pulci frequentato da tedeschi e francesi dove la presenza di due turisti italiani risultava alquanto insolita, siamo saliti sui Vosgi seguendo le indicazioni per un fantomatico “marchè popupulaire” per poi accorgerci di aver sbagliato l’accento e trovarci ad un raduno di escursionisti di ritorno da una camminata in montagna.
Abbiamo assaggiato macarons, gugelhupf, pan d’epice, fois gras e tarte flambèe, abbiamo bevuto calici di ottimo Riesling e Gewurztraminer, ci siamo rilassati e, in tutto ciò, siamo sempre stati accompagnati da maestose cicogne, le vere guardiane di questi splendidi luoghi.